Vigilanza privata, dove è finita l'Autorità tutoria?
Cresce il malessere tra gli operatori della vigilanza privata per la mancanza di dialogo con la controparte istituzionale, il Ministero dell'Interno, che si sta verificando ormai da molti mesi a questa parte.
"Inaudita altera parte" pare essere diventata la modalità scelta dall'Ufficio per l'Amministrazione Generale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza - la funzione del Ministero che governa la vigilanza privata - per gestire i rapporti con le parti sociali, emanando "atti di indirizzo" che possono risultare di difficile attuazione quando non risultino controproducenti per mancanza di concertazione preventiva. Concertazione che appare invece indispensabile per gestire un comparto con 50.000 lavoratori che, è necessario ricordare, sono impegnati in attività di sicurezza partecipata per la tutela del sistema Paese.
Marco Stratta, Segretario Generale di ANIVP, ha commentato: "Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza sembra pensare al nostro settore con molta frequenza ultimamente. Purtroppo, quello che manca è il dialogo. Vengono emanate circolari alle Prefetture e Questure, che determinano una forte ricaduta economica ed operativa sulle società senza alcuna minima forma di interlocuzione con le associazioni del comparto. Il più delle volte non siamo nemmeno informati ma dobbiamo recuperare i documenti dall’underground vigilantino. Non è più sostenibile questo modo di operare, perché ha come riferimento semplicemente il dettato formale e burocratico. Se uno scritto, una circolare o una norma uccidono un settore economico, qualunque amministrazione di buon senso, che non abbia una precisa finalità politica, ne parla con la categoria. Questa situazione sicuramente non aiuta nemmeno a sbloccare l’impasse del contratto nazionale."
A sua volta, il presidente di Federsicurezza, Luigi Gabriele ha dichiarato: "Se la sicurezza privata non è ritenuta strategica per gli interessi del Paese, se è considerata un’attività commerciale al pari - e forse meno - di altre, se nel “sistema sicurezza” non si trova una dignitosa collocazione per i suoi operatori, che si liberi il settore dai vincoli di una legislazione che impone requisiti e costi come in pochi altri casi, tanto, secondo le recenti esternazioni del Ministero, la vigilanza la può fare un quisque de populo con una pistola ed un telefono cellulare.
Noi, ovviamente, non ci rassegniamo, e nell’assordante silenzio del Ministero dell’interno rispetto alle numerose sollecitazioni che questa Federazione sta rivolgendo ai suoi vertici, porteremo la questione in sede parlamentare nella speranza che la tanto sbandierata sensibilità verso il tema “sicurezza” apra le menti e convinca ad agire per non disperdere quel patrimonio di professionalità, affidabilità e competenze che in questi ultimi dieci anni, con fatica e sacrifici, si è costruito."