«Videosorveglianza, non controllo»

Roma  - Per il Garante della Privacy il servizio di videosorveglianza, utilizzato per prevenire taccheggio e rapine, non può diventare una forma di controllo a distanza dei lavoratori. Gli esercenti sono tenuti a segnalare adeguatamente la presenza di telecamere e ad affidare la gestione del servizio a guardie giurate. In seguito all’attività ispettiva condotta dalla Questura di Genova il Garante della privacy ha bloccato il trattamento dei dati effettuato tramite il sistema di videosorveglianza installato in un punto vendita di un’importante catena commerciale.

Le verifiche effettuate hanno evidenziato che la società aveva violato in più punti l’accordo sottoscritto con i sindacati per l’installazione delle telecamere sul luogo di lavoro. Una delle videocamere, per esempio, non veniva utilizzata in funzione della sicurezza, bensì inquadrava il sistema di rilevazione accessi dei dipendenti, e permetteva il controllo a distanza dei lavoratori, in netto contrasto con quanto sottoscritto dall’azienda e con lo stesso Statuto dei lavoratori.
Fuori norma anche i cartelli con l’informativa semplificata utilizzati per segnalare la presenza dell’impianto di videosorveglianza: non presentavano le informazioni necessarie, erano in numero insufficiente e spesso posti in punti non chiaramente visibili. Le immagini registrate risultavano inoltre accessibili con modalità diverse da quelle concordate. Dai riscontri della Questura è emerso poi che la società aveva affidato la gestione dell’impianto di videosorveglianza a un consorzio di ditte esterne che utilizzava personale non qualificato, privo della licenza prefettizia di “guardia particolare giurata”, necessaria per poter svolgere funzioni anti-rapina e anti-taccheggio.
Il Garante della privacy ha imposto all’esercente di provvedere a sanare le violazioni riscontrate e ha bloccato il trattamento dei dati effettuato attraverso il sistema di videosorveglianza.
 

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