Questura non rettifica i dati personali, 50.000 euro di multa al Ministero dell'Interno
Una questura divulga in modo errato i contenuti di un provvedimento e non li corregge malgrado la richiesta di rettifica dell'interessata. L'Autorità Garante commina una sanzione di 50.000 euro al Ministero dell'Interno, in quanto titolare del trattamento e chiede di formare il personale anche periferico della Polizia di Stato.
Il commento dell'avv. Maria Cupolo:
Il Garante per la Protezione dei dati personali ha comminato al Ministero dell’Interno una sanzione di 50.000 euro perché la questura coinvolta non ha dato tempestivamente, seguito alla richiesta di rettifica dei dati riportati in un provvedimento di ammonimento emesso nei confronti di un donna.
L’Autorità ha sottolineato, In particolare, che nonostante la questura in questione fosse consapevole della richiesta ricevuta dalla parte interessata, non si è attivata provvedendo alla correzione e rettifica ritenendo non fosse necessario, vista la presenza dei dati corretti all’interno del CED del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Solo ad istruttoria aperta da parte dell’Autorità Garante, il diritto di rettifica è stato riconosciuto.
L’Autorità ha così dato atto di quanto avvenuto, sottolineando la diffusione e la comunicazione da parte della Questura dei dati inesatti e non corretti ad una pluralità di soggetti.
La normativa applicabile (D.lgs. 18 maggio 2018, n. 51, recante l’attuazione della Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati), stabilisce che i dati personali devono essere trattati in modo lecito e corretto, esatti e, se necessario, aggiornati e devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati.
È infatti diritto dell’interessato “di ottenere dal titolare del trattamento, senza ingiustificato ritardo, la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano”.
Il Garante ha sottolineato come “la consapevolezza da parte della Questura di avere comunicato ad una pluralità di soggetti dati inesatti e la immotivata determinazione a non procedere alla loro tempestiva rettifica, avvenuta solo successivamente, con grave e colpevole ritardo, configura un trattamento scorretto dei dati personali dell’interessata e illegittimo per violazione del diritto alla rettifica dei dati personali errati senza ingiustificato ritardo”.
Presi in considerazione una serie di criteri nonché la piena cooperazione con l’Autorità, l’importo della sanzione è stato contenuto nell’ammontare minimo di 50.000 euro, con la richiesta al Ministero di valutare l’opportunità di promuovere adeguate iniziative formative nei confronti del personale, anche periferico, della Polizia di Stato per assicurare il rispetto dei diritti degli interessati e la tempestiva rettifica dei dati inesatti.
La normativa sopra richiamata (D.lgs. 18 maggio 2018, n. 51) attribuisce infatti al Garante, all’art. 37 comma 2, tra le diverse funzioni, anche la promozione di una diffusa conoscenza e della consapevolezza circa i rischi, le norme, le garanzie e i diritti in relazione al trattamento nonché la promozione della consapevolezza in capo ai titolari e responsabili del trattamento dell'importanza degli obblighi previsti dal Decreto stesso.
La tutela dei diritti e delle libertà degli individui non può che passare anche e soprattutto attraverso la formazione e la consapevolezza dei soggetti che trattano i dati.
A cura dell'avv. Maria Cupolo | In caso di riproduzione citare la fonte