Storia di Natale, c’è una morale?

Editoriale di essecome online 8/2022

Immaginiamo una notte di Natale di tanti anni fa. Per le vie innevate della città, una guardia notturna si sposta in bicicletta da una serranda di un negozio ad un portone per mettere il bigliettino di controllo agli abbonati al servizio di vigilanza. La conoscenza del territorio e delle abitudini dei residenti maturata in tanti anni gli consente di riconoscere il proprietario dell’auto che si sta avvicinando prima di vederla, di capire se le grida di un alterco dall’altra strada sono dei soliti ubriachi dell’osteria o di qualche forestiero, se il portone socchiuso è stato forzato o è stato lasciato aperto dalla signora del primo piano per un amante furtivo.
In qualche caso, ritira una busta che fa capolino da una porta con la mancia di Natale degli abbonati più generosi per l’uomo che tutte le notti fa la ronda contro i ladri.
I residenti possono dormire tranquilli, nulla sfugge alla guardia notturna in bicicletta nella notte di Natale.
Immaginiamo adesso una vigilia di Natale in un centro commerciale dei giorni nostri.
Le luci sfavillano sulle decorazioni di decine di finti abeti, “Jingle Bells” risuona per la millesima volta dai diffusori mentre il fiume di persone con pacchi, pacchetti e marmocchi scorre sotto lo sguardo del vigilante vestito di nero fermo come una statua all’ingresso dello store della multinazionale del fashion per accogliere chi entra. Le tante ore passate ad osservare la gente gli permettono di individuare a prima vista chi altre volte aveva cercato di uscire senza pagare una sciarpa o un giubbotto e di segnalarlo ai colleghi dell’antitaccheggio all’interno, innescando la procedura prevista per questi casi.
Qualsiasi cosa succeda, anche se lontano il security manager della multinazionale può stare tranquillo, il patrimonio aziendale di cui è responsabile verrà protetto come programmato.
Quali sono i punti in comune tra la guardia notturna in bicicletta di tanti anni fa e il vigilante vestito di nero di oggi?
Il primo è la capacità di entrambi di interpretare i segnali anche deboli raccolti sul campo grazie alla sensibilità tipicamente umana che li ha resi i primi, fondamentali attivatori delle risposte alle emergenze.
Ciò malgrado, Il secondo punto è l’irrimediabile sottovalutazione economica del loro lavoro.
Se la guardia doveva ieri far conto sulle mance dei clienti a Natale per comprare i giocattoli ai figli, al vigilante vengono offerti oggi compensi e condizioni di lavoro accettabili solo da chi non ha altre alternative sul mercato.
Ma di nuovo in contraddizione, il terzo punto in comune è l’amaro destino di venire entrambi sostituiti da macchine quando queste vengono a costare meno dei loro seppur striminziti stipendi.
Se sono serviti all’incirca tre decenni perché la guardia in bicicletta venisse messa da parte dai sistemi di allarme antintrusione e di videosorveglianza per il controllo del territorio, ne bastano molti meno per avere applicazioni di AI e deep learning per il riconoscimento facciale nei luoghi ad alta frequentazione, frenate al momento dall’estromettere il vigilante vestito di nero solo dagli scrupoli legislativi per la privacy dei clienti.
Quale potrebbe dunque essere la morale di questa storia di Natale, dove ancora una volta si vede che l‘inarrestabile progresso tecnologico non fa prigionieri, anche nel mondo della sicurezza?
Azzardiamo: è sempre l’essere umano a identificare i bisogni e sperimentare le risposte sulla misura delle proprie capacità per sviluppare, dopo, le innovazioni tecnologiche che faranno le stesse cose, in qualche caso perfino meglio ed a minor costo dell’umano stesso.
Il mondo della sicurezza è un’eccellente area test per questa dinamica, le prerogative e le conoscenze che gli appartengono in via esclusiva devono venire solo comunicate meglio per dare al settore il ruolo che gli compete.

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